La comunicazione per immagini: le emozioni sono il primo mezzo di conoscenza e di esperienza: tutto il nostro vissuto, le nostre capacità e il nostro bagaglio culturale sono influenzati dalle emozioni che ci hanno accompagnato nella crescita. Comprendere e rispettare le emozioni del bambino, significa permettergli di prendere coscienza di sé e affermare sé stesso come persona.
La collera è un’emozione che tutti conosciamo, fa parte della nostra vita, eppure molto spesso tendiamo a negarla o a considerarla in modo negativo.
Spesso quest’emozione è associata al desiderio di allontanare l’altro e alla violenza.
In realtà, al contrario, la collera è l’espressione di un bisogno, una richiesta rivolta all’altro per ritrovare un equilibrio.
Diversamente dalla violenza, che è distruttiva, la collera è la prima tappa nel processo dell’accettazione ed è quindi costruttiva.
Generalmente essa è un modo per esprimere la propria protesta nei confronti di qualcosa che non vogliamo sopportare.
La collera ci aiuta a sentirci forti e ci dà la capacità di sopportare la sofferenza, una persona che non sente o non riesce ad esprimere la collera si sente spesso impotente.
La violenza subentra quando non riusciamo a gestire la collera, allora cerchiamo di trasferire il nostro malessere all’esterno, sugli altri.
La violenza è quindi la conseguenza del nostro tentativo di proteggerci dal dolore proiettandolo sugli altri.
Alla luce di queste riflessioni appare chiaro perché la collera di un bambino non deve essere eliminata, ma vissuta e superata.
Nella vita del bambino le frustrazioni sono inevitabili; perché possano essere anche utili occorre che le emozioni espresse, e in particolare la sua collera, vengano comprese.
Ci sono collere sane e collere eccessive e distruttrici, le prime vanno ascoltate, le seconde vanno indagate più a fondo, ma entrambe vanno rispettate perché esprimono un bisogno.
Il bambino oppositivo
Il bambino oppositivo: spesso i bambini "ribelli" hanno di base un temperamento e un carattere buoni e sensibili che coprono attraverso la maschera del "ribelle", dell'"oppositivo".
Anche se fanno di tutto per nasconderlo sono molto più sensibili della maggior parte delle persone e basta poco per ferirli.
L'abilità di critica, spesso presente in loro, è diretta anche verso se stessi, non solo verso gli altri (ad es. si possono dire: "Che stupido sono stato!", "Potevo far di meglio!"), lasciando trapelare poca fiducia in sè e negli altri.
E' importante cercare di arrivare al cuore del bambino un pò ribelle, con un atteggiamento fluido, accomodante, fiducioso e di accoglienza, creando attorno a lui un ambiente sereno, in cui il bimbo si possa rilassare ed essere più aperto verso sè e gli altri.
Una volta operato il varco e smussato gli angoli, è indispensabile dimostrargli che può aver fiducia nei suoi genitori e può richiederne il sostegno quando è necessario.
E' produttivo dare delle regole, ma lasciando una spazio all'autonomia del bambino, per non farlo sentire in gabbia.
Inoltre sarebbe opportuno che anche i genitori si dimostrassero meno intransigenti e più tolleranti verso se stessi e, di conseguenza, verso il figlio, che avrà così modo di sperimentare una qualità utile nella vita.
Lettura consigliata: "I bambini sono cambiati" di S. Vegetti Finzi, A.M. Battistin, Oscar Saggi Mondadori, TN, 1998.
Il pianto nei bambini: il pianto è il solo modo di comunicare che hanno i bambini piccoli e di fronte ad un bimbo che piange ci sono adulti che assumono atteggiamenti rigidi, decidendo di lasciare il bimbo piangere senza intervenire e altri che ad ogni pianto del bambino accorrono immediatamente, rischiando di rinforzare questo comportamento (se piango i miei genitori arrivano subito da me, quindi piango anche semplicemente per stare con loro).
Non è sempre semplice comprendere perchè piange nostro figlio, soprattutto all'inizio della sua vita, ma è un'occasione veramente speciale per poter imparare ad ascoltare questa nuova persona arrivata.
Se ci fermiamo un attimo ad ascoltare nostro figlio senza farci prendere dal panico o dalla stanchezza annientante alla quale può portare un bimbo, possiamo scoprire tutti i suoi diversi pianti e comprenderne il significato e il messaggio che ci sta comunicando.
Inoltre questa esperienza è un'occasione per lasciarsi andare ad un rapporto genitore-figlio di immenso amore e grande complicità, sviluppando quella capacità comunicativa che va oltre le parole e che coinvolge emozioni, sensazioni, percezioni, sguardi e tutto ciò che ci impediamo di asoltare dando la colpa alla frenetica quotidianità.
Lettura consigliata: "Genitori efficaci" di T. Gordon, Ed. la meridiana, BA, 1997.
Progetto Famiglia e i suoi servizi Socio-Educativi
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