martedì 30 aprile 2013

1° Maggio - Festa dei Lavoratori

Ma com'era la famiglia 50 anni fa?

questo testo è preso direttamente da un "nonno" che racconta al nipote a proposito della famiglia e del lavoro negli anni addietro.

Ci è piaciuto molto, e lo pubblichiamo per chi con queste parole fa un tuffo nel passato, per chi non si puo nemmeno immaginare com'era difficile, e per chi ricorda questi tempi come i migliori della sua vita.

Passate un felice e sereno Primo Maggio!



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Nel 1957 avevo quasi 30 anni.......!!!!!!!!! Sia ben chiaro: ti darò degli imput....il tema te lo fai tu, altrimenti che impari?????

In campagna c'era ancora la famiglia patriarcale.
In città si viveva la grande scoperta della televisione e tutti i giovedì sera , per vedere "Lascia o raddoppia" si riempivano i bar e le case di coloro che, avendo GIA' un apparecchio televisivo, dovevano, giocoforza, aprire le porte ad amici e parenti. I Cinema erano deserti e correva voce che ormai il cinematografo aveva fatto il suo tempo...finito per sempre.
Le donne, ma solo le più audaci, cominciavano a farsi vedere in giro in pantaloni, ma era assolutamente tabù avere rapporti prematrimoniali......anche se poi quasi tutti lo facevano.....però, sicuramente senza il consenso dei genitori con i quali era assolutamente obbligatorio andare in vacanza.
La scuola era MOLTO più seria e severa di adesso e anche se ora dicono che quella era "solo" una scuola nozionistica,
penso che se metti 100 miei coetanei a scrivere una lettera, scoprirai che fanno meno errori loro, tutti insieme, di quanti ne fa un tuo coetaneo da solo.....
In giro c'era assai meno violenza, ma questo dipendeva probabilmente dal fatto che, di violenza, ne avevamo fatto una megaindigestione pochi anni prima............
Non si usava dare le straordinarie "paghette" ai figli e le telefonate, per i pochi fortunati come me che avevano il telefono, erano severamente razionate e.....ascoltate, dai genitori.
Noi giovani continuavamo a sognare "Gilda" cioè Rita Hayworth mentre a Roma veniva istituito il Mercato Comune Europeo, l'Unione Sovietica metteva in orbita il primo satellite artificiale. Sempre nel 57 veniva pubblicato quello che sarebbe diventato il primo best-seller del dopo guerra "Il Dottor Zivago", Nencini vinceva il Giro d'Italia e Fangio il GP di F1
Ora vedi un po tu se in questo minestrone di notizie riesci a trovare quelle utili per il tuo tema......a me hai fatto venire un po di "magone" pensando a quei meravigliosi tren'anni o poco meno, che non ho più.........



domenica 28 aprile 2013

L'italia in tempo di crisi e il franchising




Il numero dei punti vendita aperti attraverso la formula dell'affiliazione commerciale cresce rapidamente insieme al peso sulla distribuzione italiana. Infatti, negli anni più recenti, a fronte di una diminuzione di negozi tradizionali, alimentari e non, si è avuto un consistente incremento dei punti vendita in franchising. L'incremento annuale dei punti vendita al dettaglio è mediamente di 6mila all'anno mentre quello dei negozi in franchising è di 2.500. Il peso del franchising in Italia è sicuramente destinato a crescere nei prossimi anni, ma, già oggi, è più vicino alla media europea.

Dagli anni '90 a oggi, in Italia il sistema franchising ha registrato una crescita notevole arrivando a contare 735 insegne per un giro d'affari di oltre 18 miliardi di euro (Fonte: Assofranchising). Dati che confermano l'importanza del franchising come creatore di impiego e promotore di nuove attività imprenditoriali. I punti di vendita continuano a moltiplicarsi raggiungendo le oltre 46mila unità. Cresce anche l'occupazione. Lo testimoniano i 2.557 posti di lavoro creati dal 2004 al 2005 che permettono al personale occupato nei sistemi di affiliazione di raggiungere la quota di 120.340 addetti. Il franchising è una realtà sempre più presente nel settore del commercio e della distribuzione italiana.


 La crisi economica non ferma la crescita del franchising. Lo dicono i dati di Federfranchising-Confesercenti, la piu' rappresentativa associazione di categoria del settore.




INVESTI NEL SOCIALE,

APRI IL TUO CENTRO
"CHIAVI IN MANO"!



Progetto Famiglia Network offre la possibilita' di operare in franchising a tutti coloro che sono interessati a svolgere attivita' nel campo di:

Servizi Socio-Assistenziali
Servizi Educativi
Servizi alla Famiglia


Aprire un Centro Progetto Famiglia Network significa entrare a far parte di un mercato in forte crescita nei Servizi alla Persona e diventare un importante punto di riferimento nella realta' socio-assistenziale privata e pubblica.

Non e' richiesta una precedente esperienza nel settore, in quanto siamo noi come casa madre a preoccuparci di formare il proprio affiliato con corsi di formazione e addestramento teorico.

Ma non e' tutto!

Ci differenziamo dalla concorrenza non solo per i servizi erogati ma anche per la formula innovativa che offriamo, infatti, siamo gli unici nel settore a proporre un pacchetto "chiavi in mano" incluso di arredamento, software gestionale e materiale pubblicitario iniziale.
Tutto questo per rendere la filiale operativa fin da subito!

L'idea ti attrae? Compila il form e richiedi un incontro per poter approfondire l'argomento

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venerdì 26 aprile 2013

L'importanza del pensiero positivo




Quando si ha un pensiero il nostro cervello produce una sostanza chimica che viene definita neuropeptide; quando una cellula del cervello vuole comunicare con un’altra produce un neuropeptide che si attacca alla cellula ricevente e viene inglobata in essa. Il nostro sistema immunitario è composto da monoliti, cellule che hanno recettori per i neuropeptidi, questo significa che il nostro sistema immunitario intercetta i nostri pensieri, e molto spesso le cellule immunitarie producono neuropeptidi.
Quindi c’è una grande connessione tra il pensiero e la salute, e possiamo dire che pensiamo con il corpo.
La mente non è solo nel corpo, per esempio quando ci rilassiamo tutto il nostro organismo produce sostanze benzodiazepinico-simile ma senza effetti collaterali, e quando siamo nervosi tutto il nostro corpo produce sostanze eccitatorie, non solo le surrenali.
Quando stiamo bene il nostro organismo produce immunomodulatori molto potenti e questo aumenta le barriere immunitarie. Le cause delle nostre felicità possono essere diverse, ma in ogni caso ci produrranno serenità e questa serenità si trasmette al nostro sistema immunitario, e quindi aumenta la nostra salute. Sono stati individuati circa 50 neurootrasmettitori che il nostro cervello può produrre su richiesta di un pensiero o di un’immagine mentale, una di queste per esempio è un antidolorifico 50 volte più potente della morfina, questo ci spiega perché in battaglia i soldati sopportano senza batter ciglio stimoli dolorifici estremamente alti, che in contesti differenti nessuno riuscirebbe a sopportare.
O ancora per esempio alcuni ricercatori di Bolder, Colorado, hanno dimostrato come le emozioni positive fanno salire i livelli di DHEA (un ormone che favorisce il rinnovamento cellulare e combatte lo stress) e di IgA (anticorpi), mentre le emozioni negative provocano la riduzione di entrambi.
Si pensa che una persona normale produca circa 60000 pensieri ogni giorno, di cui il 90% di essi sono uguali a quelli del giorno precedente. Questo significa che si creano continuamente gli stessi modelli psico-energetici.

In altre parole se siamo legati a dei Modelli Cognitivi Limitanti questi sono il nostro vivere quotidiano e limitano oltre il nostro umore, anche le nostre capacità psico-fisiche ed il nostro stato di salute in senso lato.

Facciamo qualche esempio.
Basta pensare ai Giochi Olimpici: un tempo si pensava che fosse impossibile percorrere un miglio in 4 minuti. Nessuno riusciva a farlo e numerose teorie di ordine pseudo-scientifico avvaloravano questo Modello Cognitivo Limitante. Dopo che nel 1987 Roger Bannister riuscì nell’impresa dopo di lui un intero gruppo di persone ottenne lo stesso risultato, e lo stesso si può dire con i 100 metri in meno di dieci secondi e quando nel 1992 Carl Lewis ottenne il risultato nella stessa gara sei atleti abbatterono la barriera.
I modelli cognitivi limitanti non sono innati, vengono generati da noi e da noi vengono trasmessi. Prendiamo i bambini, nascono senza eppure noi riusciamo a condizionarli, a modificare le loro convinzioni.
Per esempio in India quando si vuole addestrare un elefante, lo si prende da neonato e lo si lega ad un albero con una grande catena. A mano a mano che cresce, la catena viene sostituita con una corda sempre più esile, fino a quando da adulto viene tenuto legato all’albero solo da una striscia di carta, eppure l’elefante non va via perché sa di essere legato ed imprigionato e di non poter scappare,
Un altro esempio possono essere le pulci. Gli addestratori mettono gli animaletti in un barattolo di vetro coperto e lasciano che esse saltino per diverso tempo facendo toccare il coperchio, dopo che le pulci hanno appreso tutto ciò si toglie il coperchio ed esse continuano a saltare alla stessa altezza, convinte che ci sia ancora il coperchio a limitarle.
Le correlazioni tra mente e corpo vanno oltre: nel 1980 all’Università dell’Ohio al termine di uno studio sul colesterolo fu evidenziato che ad un piccolo gruppo di conigli, nutriti con la stessa dieta ipercolesterolizzante, non si erano modificati i parametri di colesterolo come era successo agli altri. Dopo aver analizzato tutti i parametri tra i vari gruppi di cavie ed aver notato che non sussisteva alcuna differenza, si scoprì che quelli restati sani erano affidati alle cure di un operatore che prima di dare loro il cibo li accarezzava e li baciava e che ci giocava insieme anche fuori dell’orario lavorativo.
Una delle pubblicazioni fondamentali in quest’ambito è stato Type A behavior and your heart (il comportamento del tipo A ed il cuore) scritto da due medici: Meyer Friedman e Ray Rosnman, entrambi specializzati in cardiologia. Essi hanno evidenziato un tipo di personalità, che hanno definito Tipo A caratterizzata da impazienza, irritabilità, eloquio rapido, aggressività, ambizione, autoritarismo.
Questo soggetto è un drogato da lavoro, uno che non si rilassa nemmeno quando gioca con i figli, uno che cerca di fare quante più cose nel minor tempo possibile. Il suo motto è “power lunch” (nutrirsi di potere).
L’elemento preponderante di questo tipo di personalità è l’ostilità, un’ostilità a 360 gradi che si rivolge a tutto e a tutti e che trae la sua linfa vitale dalla scarsa fiducia nella natura umana e nei suoi propositi, e su erronee affermazioni profetiche che puntualmente si avverano, in una parola su modelli cognitivi limitanti. I due medici dopo un attento studio hanno evidenziato che questo soggetto di tipo A evidenzia un rischio più elevato di contrarre patologie cardiache mortali.
Il lavoro del dott Wiliams della Duke University conferma questa ipotesi, individuando nell’ostilità il vero elemento destabilizzante della personalità di tipo A e cogliendo la verità statistica che il 70% dei soggetti di tipo A con marcata ostilità presentavano placche ateromasiche in uno studio che riguardava 400 persone catalogate di tipo A. Ma anche altri recenti studi individuano un’incidenza 6 volte maggiore di infarto miocardio in soggetti con elevati tassi di ostilità.
Restando in campo di malattie cardiache riportiamo uno studio del Dipartimento della sanità del Massachussets che riguardava i fattori di rischio per le malattie cardiocircolatorie degli abitanti dello stato. Si è evidenziato che il 50% dei cardiopatici non ha fattori di rischio quali fumo, ipertensione, diabete, obesità; e che nel 50% dei casi il primo disturbo al cuore è stata anche causa di morte.
Anamnesticamente, avendo già esclusi i classici fattori di rischio, sono stati evidenziati due aspetti comuni: la disaffezione al lavoro e la bassa autostima.
Altri studi importanti sono quelli del dott. James Lynch della facoltà di medicina dell’università del Maryland a Baltimora che ha dimostrato che tra le persone che vivono sole c’è una più alta incidenza di morte prematura ed anche correlazioni tra il cancro e l’isolamento, e statistiche interessanti sui tumori vengono anche dalla dott.ssa Joan Borisenko della facoltà di medicina dell’università di Harvard e dal dott. Richard Schellelle dell’università del Texas.
La prima ha evidenziato interessanti correlazioni tra l’aumentata incidenza di tumori in persone con un insoddisfacente rapporto con i genitori, il secondo come la depressione raddoppi la possibilità dello sviluppo del cancro. Ma volendo possiamo citare ancora un alto numero di studi che mettono in relazione il crescente numero di casi di tumori in soggetti con importanti stress emotivi quali pensionamento, morte di un compagno, abbandono dei figli, rabbia repressa, e quest’ultima sembra aver un ruolo fondamentale nella patogenesi del carcinoma mammario.

Di Dr. Rocco Berloco - Medicitalia.it

lunedì 22 aprile 2013

Oggi parliamo di gravidanza!

La gravidanza

 

 

La gravidanza è il trionfo del corpo femminile che s'impone all'anima con gioia e dolore, con speranza e rancore, cambiando per sempre la vita che era.
Il corpo femminile è biologicamente progettato per attirare gli uomini e riprodurrsi (Brizendine 2006). I suoi circuiti cerebrali, nutriti dagli estrogeni, portano ad atteggiamenti di nutrimento, di accudimento e accendono nel cuore, nella pancia il desiderio del bambino.
Questa tendenza biologica si incontra - scontra con la parte psichica e sociale della donne e anche del suo partner, determinata dalla storia personale e dalla società in cui vivono. La dinamica che ne nasce imprime i ritmi e l'andamento della gravidanza, il suo timbro emozionale.
La gravidanza è cambiamento, adattamento, compimento, accoglimento, radicamento. E' la radice di un processo che durerà per tutta la vita. Una nuova vita entra nel corpo di donna, si annida, mette le sue radici profondamente nella sua carne per diventare carne, corpo, essere umano. Mentre si annida, stimola l'accoglienza in sua madre, la creazione di un grembo psichico. Solo se accolto da lei, può divenire.
La madre si apre gradualmente a lui in un processo di introspezione, dove tutti i sensi si affinano, per cogliere le sue più sottili manifestazioni. Mentre il bambino si trasforma in una persona finita, acquisendo sempre maggiori competenze, lei si espande e si trasforma in una persona più ampia, affinando sempre di più la sua intuizione. La metamorfosi di emtrambi permette l'incontro, quella simbiosi che permetterà la separazione, quando il tempo sarà maturato.
Onde tra alti e bassi, apertura e chiusura, accettazione e rifiuto, benessere e malessere segnano il ritmo della gravidanza e preparano alle onde più intense del parto. Sono protette da innumerevoli risorse endogene, poiché la vita vuole il successo, vuole affermarsi. Conoscerle e attivarle, accompagnare mamma e bambino con la loro famiglia in questo processo significa, mantenere e creare la salute.

Depressione post partum, la crisi economica fa la sua parte

La crisi economica aumenta il rischio di depressione post partum. A sottolinearlo è Onda, l'osservatorio nazionale sulla salute della donna, secondo cui le preoccupazioni per il proprio futuro e per quello dei propri figli può scatenare un disturbo che colpisce quasi una donna su quattro. Presentando i risultati di un'indagine condotta tra il 2008 e il 2011 su 367 donne con depressione perinatale – 189 incinte e 178 neomamme – Claudio Mencacci, Direttore del Dipartimento di Neuroscienze dell'ospedale Fatebenefratelli di Milano, ha sottolineato che “salute mentale e investimento sul materno infantile si propongono come punti cardine per una ripresa economica. Infatti, laddove si è investito in questi due settori più rapidamente si è usciti dalla crisi economica”.

Il profilo della donna a rischio corrisponde a una trentaquattrenne con buona istruzione e di stato sociale medio, sposata o convivente, che ha affrontato una gravidanza con complicazioni e a già avuto a che fare con ansia e depressione, che riceve uno scarso supporto da parte del compagno, della famiglia e degli amici e che deve lottare con un altro problema sempre più diffuso: la disoccupazione. Le donne immigrate, soprattutto se sono arrivate in Italia da poco tempo, sono ancora più a rischio a causa dello stress associato al processo di acculturazione, alle difficoltà linguistiche e culturali che interferiscono con l'utilizzo dei servizi sanitari e sociali e alla mancanza del sostegno della propria famiglia. “Il profilo emerso – ha commentato Mencacci – conferma dunque l'importanza della patologia pregressa e del sostegno lavorativo e familiare”.

"La gravidanza rappresenta un periodo di profondi cambiamenti fisici e psicologici, spesso sottovalutati – ha sottolineato Francesca Merzagora, Presidente di Onda -. Un ritardo diagnostico di un disturbo dell'umore può, però, avere importanti ripercussioni sulla donna e sul nascituro". Per questo l'osservatorio ha promosso A Smile for Moms, iniziativa patrocinata dal Ministero della Salute che intende promuovere la ricerca sulla salute mentale, offrire aiuto, servizi e centri di ascolto alle donne e aiutare i medici a riconoscere e trattare il disturbo nel modo migliore possibile. Le mamme hanno a disposizione un sito – www.depressionepostpartum.it – dove possono trovare le informazioni di cui hanno bisogno. Nel frattempo, Onda ha messo in rete i Centri di Riferimento di Milano, Torino, Pisa, Napoli, Catania e Ancona, l'eccellenza nella cura di questa problematica.


PROGETTO FAMIGLIA viene incontro alle esigenze delle mamme, con servizi pre e post partum



























Progetto Famiglia Network, ha attivato un nuovo servizio di assistenza domiciliare post-partum, un idea per sostenere le famiglie in un momento cosi' delicato come la nascita di un figlio.

A fronte di una consolidata esperienza nel settore socio-sanitario abbiamo deciso di studiare un pacchetto ad hoc per tutte le neo mamma che desiderano entrare in relazione con il bambino per comprendere al meglio i bisogni del neonato ponendo cosi' le basi per uno sviluppo psico-fisico sano del proprio figlio.

L'obiettivo generale e' quello di fornire sostegno ed assistenza alla madre e al neonato nelle prime settimane di vita al fine di promuovere la fisiologia dell'adattamento post-natale, l'allattamento al seno, la prevenzione e la diagnosi tempestiva di patologia, organica e relazionale.

Tutto cio' a casa, sfruttando l'ambiente familiare come ulteriore elemento per un miglior adattamento mamma-bambino.

Il servizio e' rivolto a mamme e neonati, dimessi dall'ospedale che desiderano essere guidati nel loro rientro a casa come nuova famiglia.

Il pacchetto post-partum prevede 10 incontri: 5 con l'ostetrica, 3 con la puericultrice e 2 con la psicologa.

Il servizio verra' attivato entro 72 ore dalla dimissione.


Le figure e le prestazioni offerte sono:


OSTETRICA

Valuta le condizioni psico-fisiche della madre e del neonato:
- Controlla la salute della neo mamma;
- Controlla la crescita del bambino;
- Cura il cordone ombelicale del neonato;
- Promuove la relazione mamma-bambino;
- Impartisce istruzioni pratiche per l'allattamento.


PUERICULTRICE

Si occupa del bambino da 0 a 3 anni ed e' la persona preposta a dare le prime cure al neonato nei sui primi giorni di vita:
- Assistenza nei primi cambi pannolino;
- Assistenza per il bagnetto;
- Collabora con l'ostetrica per la promozione e il sostegno dell'allattamento oltre che dell'adattamento mamma-bambino.


PSICOLOGA

- Condividera' con la mamma e la nuova famiglia i momenti successivi al parto e l'inserimento del neonato a casa prevenendo disturbi d'ansia e d'umore.




 




 



giovedì 18 aprile 2013

Affidare i genitori anziani?

Organizzare gli anziani

 

Come affrontare il problema della gestione di genitori anziani?

Se i nostri genitori diventano anziani e si ammalano di una delle varie e non bene identificate malattie della vecchiaia ci risparmiano il dolore della loro mancanza precoce ma ci caricano di molti e pesanti problemi organizzativi, economici e psicologici. Nel nostro paese la gestione degli anziani è lasciata prevalentemente nelle mani delle famiglie e l’assistenza pubblica è carente e scarsa. Ognuno di noi dovrà farsi carico della gestione dei propri anziani genitori o direttamente o tramite badanti e strutture assistenziali private o paraprivate. Non c’è scampo, se non siamo così fortunati da avere in famiglia tutti anziani autosufficienti a lungo, ci troveremo prima o poi a gestire questo problema, a volte su più fronti.

In quel periodo ci troveremo a vivere in una specie di limbo, con il lavoro e la vita familiare e sociale come sempre da un lato e dall’altro una vita parallela, fatta di badanti precarie, medici confusi, spese che lievitano e comportamenti rigidi e inamovibili . Anche la medicina non riesce a fare molto, soprattutto nei casi di deficit cerebrali.
Che si tratti di sindrome di Alzheimer o di altre patologie meno definite, le diagnosi non sono precise e i farmaci , invece di risolvere i problemi ,creano molti effetti indesiderati. L’allungamento della vita media non  si accompagna che in rari casi con una prolungata efficienza e gli ultimi anni della vita sono spesso angoscianti per chi li vive  e per chi  è vicino. E’ triste a dirsi ma i genitori anziani malati senza speranza sono un peso per i figli  ma anche per i coniugi più sani. Non resta che farsi carico del problema nel modo migliore con tutta la pietas che ci è possibile provare per una persona in un momento difficilissimo e finale della sua vita. Non dimentichiamoci, peraltro , che se i nostri genitori non sono più autosufficienti, è possibile chiedere alle istituzioni pubbliche (Regione e INPS) un aiuto economico, una pensione di invalidità, o l’immissione in una lista d’attesa per una delle strutture residenziali pubbliche disponibili.E’ necessario attivare la procedura con i medici di famiglia ed effettuare le visite geriatriche , neurologiche, psichiatriche e altro  presso le Asl di appartenenza e non presso medici privati.


Come agire con un anziano malato

Un genitore anziano e malato è lo stesso genitore che prima della vecchiaia amavamo con serenità o , al contrario, il genitore che non amavamo per tutta una serie di motivi .
Per un figlio , la consapevolezza di non amare il proprio genitore e , spesso, di non sopportarne nemmeno la presenza , è dolorosa e colpevolizzante. 

La decadenza e la malattia dovrebbero farci superare i rancori  ma lasciano al loro posto indifferenza , insofferenza e rifiuto. Non riusciamo nè a compatire nè a simpatizzare con un genitore non amato che diventa difficilmente gestibile.Non soffriamo per lui, proviamo solo fastidio.
Al contrario, un genitore molto amato ci coinvolgerà di più e soffriremo maggiormente vedendolo degradare inesorabilmente. Ma , in questo caso, è necessario, per un figlio adulto , occuparsene  con affetto e impegno senza farsi troppo travolgere emotivamente e fisicamente. Le malattie mentali dell’anziano sono difficili da gestire se si è troppo coinvolti affettivamente  (sia per molto affetto che per poco affetto), meglio ripianare o ricomporre  il passato e ripartire su nuove basi, quelle dell’assistenza efficiente e affettuosa. Occorre guidare con mano ferma il complicato processo sanitario, assistenziale ed economico ma delegare ad altri le cure fisiche che devono essere praticate o, almeno, condivise , da  persone esterne che svolgono questo compito  con  garbo   e distacco professionale e senza tutti i coinvolgimenti emotivi di cui abbiamo parlato. La malattia mentale dei genitori scatena troppi fantasmi perchè si possa stare immersi in essa a lungo e continuativamente.


Detto questo, i doveri di un figlio sono:
  1. determinare l’entità del problema facendosi aiutare dal medico di famiglia
  2. predisporre e organizzare le visite mediche necessarie per fare una diagnosi più precisa
  3. accompagnare i genitori alle visite o farsi sostituire da altri familiari
  4. organizzare le cure , gli acquisti  e gli schemi di assunzione dei farmaci
  5. individuare il tipo di assistenza necessaria , fare le ricerche e prepararsi a ripetuti insuccessi
  6. tenersi pronti per le emergenze
  7. garantire la propria presenza con regolarità e frequenza

  • impegnarsi a garantire una buona qualità dell’ambiente intorno all’anziano malato salvaguardando la sua dignità.   
  •  
    Fonte genitoriprofessionisti.it 
     
    Non affidarti all'incompetenza, scegli Progetto Famiglia 


    Progetto Famiglia Network
    Sede Legale: Via M. D'Azeglio,1
    43036 Fidenza (PR)
    Tel. 0524/400.280 Fax 0524/688.706
    info@progettofamiglianetwork.it
     
     

    domenica 14 aprile 2013

    Bimbi ed Educazione

    La collera nei bambini

     

    La comunicazione per immagini: le emozioni sono il primo mezzo di conoscenza e di esperienza: tutto il nostro vissuto, le nostre capacità e il nostro bagaglio culturale sono influenzati dalle emozioni che ci hanno accompagnato nella crescita. Comprendere e rispettare le emozioni del bambino, significa permettergli di prendere coscienza di sé e affermare sé stesso come persona.
    La collera è un’emozione che tutti conosciamo, fa parte della nostra vita, eppure molto spesso tendiamo a negarla o a considerarla in modo negativo.
    Spesso quest’emozione è associata al desiderio di allontanare l’altro e alla violenza.
    In realtà, al contrario, la collera è l’espressione di un bisogno, una richiesta rivolta all’altro per ritrovare un equilibrio.
    Diversamente dalla violenza, che è distruttiva, la collera è la prima tappa nel processo dell’accettazione ed è quindi costruttiva.
    Generalmente essa è un modo per esprimere la propria protesta nei confronti di qualcosa che non vogliamo sopportare.
    La collera ci aiuta a sentirci forti e ci dà la capacità di sopportare la sofferenza, una persona che non sente o non riesce ad esprimere la collera si sente spesso impotente.
    La violenza subentra quando non riusciamo a gestire la collera, allora cerchiamo di trasferire il nostro malessere all’esterno, sugli altri.
    La violenza è quindi la conseguenza del nostro tentativo di proteggerci dal dolore proiettandolo sugli altri.
    Alla luce di queste riflessioni appare chiaro perché la collera di un bambino non deve essere eliminata, ma vissuta e superata.
    Nella vita del bambino le frustrazioni sono inevitabili; perché possano essere anche utili occorre che le emozioni espresse, e in particolare la sua collera, vengano comprese.
    Ci sono collere sane e collere eccessive e distruttrici, le prime vanno ascoltate, le seconde vanno indagate più a fondo, ma entrambe vanno rispettate perché esprimono un bisogno.



    Il bambino oppositivo

    Il bambino oppositivo: spesso i bambini "ribelli" hanno di base un temperamento e un carattere buoni e sensibili che coprono attraverso la maschera del "ribelle", dell'"oppositivo".
    Anche se fanno di tutto per nasconderlo sono molto più sensibili della maggior parte delle persone e basta poco per ferirli.
    L'abilità di critica, spesso presente in loro, è diretta anche verso se stessi, non solo verso gli altri (ad es. si possono dire: "Che stupido sono stato!", "Potevo far di meglio!"), lasciando trapelare poca fiducia in sè e negli altri.
    E' importante cercare di arrivare al cuore del bambino un pò ribelle, con un atteggiamento fluido, accomodante, fiducioso e di accoglienza, creando attorno a lui un ambiente sereno, in cui il bimbo si possa rilassare ed essere più aperto verso sè e gli altri.
    Una volta operato il varco e smussato gli angoli, è indispensabile dimostrargli che può aver fiducia nei suoi genitori e può richiederne il sostegno quando è necessario.
    E' produttivo dare delle regole, ma lasciando una spazio all'autonomia del bambino, per non farlo sentire in gabbia.
    Inoltre sarebbe opportuno che anche i genitori si dimostrassero meno intransigenti e più tolleranti verso se stessi e, di conseguenza, verso il figlio, che avrà così modo di sperimentare una qualità utile nella vita.

    Lettura consigliata: "I bambini sono cambiati" di S. Vegetti Finzi, A.M. Battistin, Oscar Saggi Mondadori, TN, 1998.  


    Il pianto nei bambini: il pianto è il solo modo di comunicare che hanno i bambini piccoli e di fronte ad un bimbo che piange ci sono adulti che assumono atteggiamenti rigidi, decidendo di lasciare il bimbo piangere senza intervenire e altri che ad ogni pianto del bambino accorrono immediatamente, rischiando di rinforzare questo comportamento (se piango i miei genitori arrivano subito da me, quindi piango anche semplicemente per stare con loro).
    Non è sempre semplice comprendere perchè piange nostro figlio, soprattutto all'inizio della sua vita, ma è un'occasione veramente speciale per poter imparare ad ascoltare questa nuova persona arrivata.
    Se ci fermiamo un attimo ad ascoltare nostro figlio senza farci prendere dal panico o dalla stanchezza annientante alla quale può portare un bimbo, possiamo scoprire tutti i suoi diversi pianti e comprenderne il significato e il messaggio che ci sta comunicando.
    Inoltre questa esperienza è un'occasione per lasciarsi andare ad un rapporto genitore-figlio di immenso amore e grande complicità, sviluppando quella capacità comunicativa che va oltre le parole e che coinvolge emozioni, sensazioni, percezioni, sguardi e tutto ciò che ci impediamo di asoltare dando la colpa alla frenetica quotidianità.

    Lettura consigliata: "Genitori efficaci" di T. Gordon, Ed. la meridiana, BA, 1997. 



    Progetto Famiglia e i suoi servizi Socio-Educativi















    La progettazione e gestione di servizi socio-educativi e di aggregazione, rivolti soprattutto a minori e giovani, e' uno dei capisaldi della cooperativa.

    Nelle attivita' educative Progetto Famiglia lavora secondo una prospettiva che tende a prevenire/ contrastare il disagio e a promuovere l'agio con l'obiettivo fondamentale di favorire l'autonomia e il benessere dei bambini e dei ragazzi attraverso varie tipologie di strumenti.

    Offriamo una molteplicita' di servizi attraverso un gruppo di professionisti ( educatori, psicologi, animatori, pedagogisti, oss...) che operano stabilmente in gruppo per garantire un approccio multi professionale ed integrato nei diversi interventi, consentire il confronto e favorire la ricerca costante di nuove metodologie.
    Le tipologie di attivita' socio-educative di Progetto Famiglia possono essere cosi' sintetizzate:




    ATTIVITA' INTEGRATIVE POMERIDIANE

    E' un momento scolastico in cui vengono proposti laboratori, giochi e attivita' varie. E' previsto anche un rinforzo didattico che si concretizza nell'aiuto allo svolgimento dei compiti scolastici.

    CENTRI RICREATIVI ESTIVI

    Un servizio rivolto ai minori dai 3 ai 14 anni per una "allegra vacanza" nel contesto urbano della propria citta'. Un'importante esperienza formativa dove convivono divertimento, socialita', amicizia, stimoli alla creativita' ed all'autonomia. Grandi giochi, divertenti laboratori creativi e di manipolazione, appassionanti gite in parchi di divertimento ed escursioni sul territorio, piacevoli giornate in piscina e avventurosi soggiorni trekking in localita' alpine completeranno un'appassionante vacanza ricca di fascino e di emozioni.

    BABY PARKING / MICRONIDO

    Per rispondere ai bisogni dei bambini di eta' compresa tra i 6 mesi e i 3 anni svolgiamo un servizio di assistenza e di animazione con attivita' ludiche e manipolative all'interno di strutture pubbliche e private.

    SPAZIO BIMBI

    Aree e spazi strutturati con giochi, video, animazioni all'interno di Centri Commerciali e Aziende come servizio di assistenza a minori in supporto ai clienti.

    SERVIZIO DI ASSISTENZA NELLE SCUOLE PRIMARIE E SECONDARIE

    Servizio strutturato per minori portatori di handicap o in situazioni di difficolta' e disagio. Il nostro servizio prevede di aiutare, stimolare ed arricchire il percorso evolutivo dei singoli casi. Vengono cosi' studiati e stesi programmi mirati per raggiungere gli obiettivi prefissati: autonomia ed integrazione.








     

    mercoledì 10 aprile 2013

    Bambini autistici e tecnologia

    Le nuove tecnologie vengono in aiuto ai bambini autistici e alle loro famiglie

     

    Dei sensori miniaturizzati e non invasivi che consentono di controllare a distanza parametri comportamentali e fisiologici del bambino come postura, movimento e frequenza cardiaca e poi la possibilità di eseguire la riabilitazione via tablet, con i genitori che comodamente a casa possono guidare i piccoli nell'esecuzione corretta degli esercizi sotto gli occhi vigili di una terapista, pronta  dall'altra parte dello schermo a dare consigli e a segnalare in anticipo eventuali situazioni di rischio. Le nuove tecnologie vengono in aiuto ai bambini autistici e alle loro famiglie in Sicilia, con il progetto «Prima Pietra». Realizzato dall'Istituto di fisiologia clinica del Cnr (Consiglio nazionale delle ricerche) di Pisa in collaborazione con l'Ircss Fondazione Stella Maris e l'azienda ospedaliera universitaria «Martino» di Messina e con il patrocinio della Regione, il progetto coinvolge da circa un anno nel capoluogo di provincia siciliano 17 bambini presi in carico per la riabilitazione. «I piccoli sperimentano esercizi e giochi nel proprio contesto familiare, quello in cui si sentono maggiormente a loro agio, e i genitori sono agevolati perchè non devono spostarsi tutti i giorni», spiega Giovanni Pioggia dell'Istituto di fisiologia clinica del Cnr. «Ci siamo dovuti fermare a 17 bambini - prosegue Pioggia - perchè mancano i terapisti, che però ci stiamo occupando di formare. In più, grazie all'attenzione dell'assessorato alla Salute della Regione Sicilia che ha preso a cuore il progetto, saremo in grado in futuro di gestire 88 bambini l'anno a Messina e altri 88 a Palermo. Il modello in ogni caso è esportabile dappertutto». Ma le nuove tecnologie, per di più made in Italy, sono al servizio dell'autismo anche in altri modi: da un'idea della Finger Talks di Milano arriva infatti un altro supporto per migliorare la comunicazione di genitori e terapisti con i bambini autistici: si chiama «Immaginario» ed è una «app» per IPhone e IPad che aiuta a portare sempre con se le parole della «comunicazione visiva», a rendere le frasi di facile comprensione trasformandole in una sequenza di simboli e a creare un'agenda delle attività da svolgere.



    La app che aiuta i bambini autistici
    a comunicare attraverso le immagini

    «Immaginario», app italiana per genitori, educatori e terapisti. Un progetto innovativo per un settore in crescita

     

    COME FUNZIONA - Prima app italiana studiata appositamente per le necessità giornaliere di comunicazione dell’adulto che interagisce con la persona con autismo, Immaginario non è destinata all’uso autonomo del bambino ma al genitore, all’educatore o al terapista verso la persona con disabilità, per sostenere la sua comprensione attraverso le immagini e aiutarla a rimanere in contatto col mondo. Immaginario cerca di ovviare al fatto che il bambino autistico spesso non mostra interesse per la comunicazione verbale, né ne coglie il contenuto. Ma ciò che più colpisce positivamente nella proposta di questa app è il vantaggio "di cura" consentito dall’associazione virtuosa tra le potenzialità della tecnologia portatile e le competenze delle logopediste, educatrici e neuropsichiatre che hanno partecipato alla sua realizzazione. Strutturata con 4 sezioni ("Immagini", "Frasi", "Agenda" e "Parole mie") predisposte perché il genitore o l’operatore abbiano un accesso intuitivo e veloce alle funzionalità, Immaginario si presenta con una grafica allegra e attraente anche per i più piccoli. In particolare - prosegue Anna Lequio - «permette di portare sempre con sé le "carte" che associano immagine e concetto da mostrare al bambino - cioè le "parole" della comunicazione visiva -, ricercarle facilmente e costruire frasi e agenda in modo efficace e veloce». Il dizionario della comunicazione visiva si trova nella sezione "Immagini", con oltre 1.200 simboli di uso quotidiano catalogati per categorie semantiche (casa, scuola...), ed è personalizzabile, con la creazione di nuove carte che associano immagine, testo e nuove registrazioni audio. Alla sezione "Frasi" compete la traduzione simultanea: dal messaggio scritto dell’adulto alla sequenza di simboli che il bambino o la persona con disabilità cognitiva può afferrare. L'"Agenda" invece pianifica visivamente il tempo delle attività giornaliere (mattino, pomeriggio, sera) o settimanale, offrendo alcune forme di interazione che coinvolgono il bambino. Parole mie è infine il luogo per archiviare e visualizzare le "proprie frasi ricorrenti", consentendo così di preservare intatti gli strumenti della comunicazione consolidata.
     
    IDEE E TECNOLOGIA ITALIANA - Disponibile dal 5 marzo sull’App Store in versione completa (a 14,99 euro) e Lite (gratuita), Immaginario nasce a Milano nell’ambito del progetto "Finger Talks", marchio per applicazioni mirate alla didattica per i disturbi specifici dell’apprendimento. Questa app, come altre simili, ha il merito di aver messo in contatto competenze professionali e mondi differenti (esperti di marketing e business, psicoterapeuti, educatori, associazioni di volontariato, sviluppatori software) in tutte le fasi di realizzazione, e di attivare in Italia processi economici e di conoscenza positivi nell’ambito di un settore in pieno boom globale. «In ambito anglosassone - conclude la dottoressa Lequio - c’è un mercato già vivo e in crescita: in iTunes c’è una apposita sezione dedicata alla "Special Education" con diverse app per la comunicazione per immagini (che hanno spesso un costo molto elevato). Apple ha lanciato il nuovo sistema operativo iOs 6 puntando anche sulle nuove caratteristiche di "accessibility" di ausilio a diverse forme di disabilità. Per quanto riguarda l’Italia, sicuramente c’è un interesse crescente ma, per quel che conosciamo, le app non sono ancora entrate nella pratica del trattamento socio-sanitario. Il pericolo è sempre quello di farsi prendere dall’entusiasmo nelle possibilità apparentemente illimitate delle nuove tecnologie, che induce a pensare che qualsiasi proposta possa avere una funzione e un valore terapeutico». Un pericolo che Immaginario ha allontanato attraverso una lunga fase di studio e di test che hanno interessato bambini, genitori, educatori e psicologi.

    Fonte: Corrado Fontana

     


    sabato 6 aprile 2013

    Vivere con lentezza? si può!

     Per dare il giusto peso alle cose, alle persone che ci circondano, agli affetti veri e alle relazioni con gli altri. Lo stare in famiglia, prendersi cura dei propri cari in tante maniere, e rendersi conto "di cosa conta davvero".

     

    Vi racconto una storia:

    Un professore stava davanti alla sua classe di filosofia e aveva davanti a lui alcuni oggetti. Quando la lezione cominciò, senza dire una parola, prese un grosso barattolo di maionese vuoto e lo iniziò a riempire di palline da golf. Quindi egli chiese agli studenti se il barattolo fosse pieno. Essi hanno convenuto che lo era.

    Allora il professore prese una scatola di sassolini, e li versò nel vaso. Lo scosse leggermente.
    I ciottoli rotolarono negli spazi vuoti tra le palle da golf. Chiese di nuovo agli studenti se il barattolo fosse pieno. Essi dissero che lo era.

    Il professore prese una scatola di sabbia e la versò dentro il vasetto. Naturalmente, la sabbia si sparse ovunque all'interno. Chiese ancora una volta se il barattolo fosse pieno. Gli studenti risposero con un unanime 'si'. '

    Il professore estrasse quindi due birre da sotto il tavolo e versò l'intero contenuto nel barattolo, effettivamente si riempirono gli spazi vuoti. Gli studenti iniziarono a ridere ..

    'Ora', disse il professore non appena svanirono le risate 'Voglio che vi rendiate conto che questo barattolo rappresenta la vita. Le palle da golf sono le cose importanti - la vostra famiglia, i vostri figli, la vostra salute, i vostri amici e le vostre passioni preferite - e se tutto il resto andasse perduto e solo queste rimanessero, la vostra vita sarebbe ancora piena. I sassolini sono le altre cose che contano, come il lavoro, la casa, la macchina.. La sabbia è tutto il resto - le piccole cose.

    'Se mettete la sabbia nel barattolo per prima,' ha continuato, 'non c'è spazio per i sassolini e per le palline da golf. Lo stesso vale per la vita.

    Se utilizziamo tutto il nostro tempo ed energia per le piccole cose, non avrete mai spazio per le cose che sono importanti per voi.

    Fai attenzione alle cose che sono cruciali per la tua felicità.

    Trascorrere del tempo con i vostri bambini. Trascorrere del tempo con i tuoi genitori. Visita i nonni. Prendete il vostro coniuge a portatelo a cena fuori. Gioca un altro 18 anni. Ci sarà sempre tempo per pulire la casa e falciare il prato.

    Prenditi cura delle palle da golf prima - le cose che veramente contano. Stabilisci le tue priorità. Il resto è solo sabbia.

    Uno degli studenti alzò la mano e chiese cosa rappresentasse la birra. Il professore sorrise e disse: 'Sono contento che hai chiesto.' Le birre dimostrano che non importa quanto piena possa sembrare la vostra vita, c'è sempre spazio per un paio di birre con un amico.

     

    I 14 comandalenti

    I nostri primi 14 comandalenti, per trovare la velocità giusta nella vita

    1) Svegliarsi 5 minuti prima del solito per farsi la barba, truccarsi o far colazione senza fretta e con un pizzico di allegria.
    2) Se siamo in coda nel traffico o alla cassa di un supermercato, evitiamo di arrabbiarci e usiamo questo tempo per programmare mentalmente la serata o per scambiare due chiacchiere con il vicino di carrello.
    3) Se entrate in un bar per un caffè: ricordatevi di salutare il barista, gustarvi il caffè e risalutare barista e cassiera al momento dell'uscita (questa regola vale per tutti i negozi, in ufficio e anche in
    ascensore)
    4) Scrivere sms senza simboli o abbreviazioni, magari iniziando con caro o cara...
    5) Quando è possibile, evitiamo di fare due cose contemporaneamente come telefonare e scrivere al computer...se no si rischia di diventare scortesi, imprecisi e approssimativi.
    6) Evitiamo di iscrivere noi o i nostri figli ad una scuola o una palestra dall'altra parte della città
    7) Non riempire l'agenda della nostra giornata di appuntamenti, anche se piacevoli, impariamo a dire qualche no e ad avere dei momenti di vuoto.
    8) Non correte per forza a fare la spesa, senz'altro la vostra dispensa vi consentirà di cucinare una buona cenetta dal primo al dolce.
    9) Anche se potrebbe costare un po' di più, ogni tanto concediamoci una visitina al negozio sottocasa, risparmieremo in tempo e saremo meno stressati.
    10) Facciamo una camminata, soli o in compagnia, invece di incolonnarci in auto per raggiungere la solita trattoria fuori porta.
    11) La sera leggete i giornali e non continuate a fare zapping davanti alla tv.
    12) Evitate qualche viaggio nei week-end o durante i lunghi ponti, ma gustatevi la vostra città, qualunque essa sia.
    13) Se avete 15 giorni di ferie, dedicatene 10 alle vacanze e utilizzate i rimanenti come decompressione pre o post vacanza.
    14)Smettiamo di continuare a ripetere:"non ho tempo". Il continuare a farlo non ci farà certo sembrare più importanti.
     
    ... e i 7 comandalenti in cucina
     
    1) Il cibo è la tua prima medicina: insegna Ippocrate... crediamoci!
    2) La poesia del cibo inizia quando facciamo la spesa: scegliamo prodotti di stagione e di qualità. Se vogliamo risparmiare diminuiamo la quantità: che è anche un'ottima scelta per controllare colesterolo e peso.
    3) E' scientificamente provato che l'acqua non bolle prima se continuiamo a osservarla: quindi senza fretta appassioniamoci alla preparazione della nostra cenetta e apparecchiamo con cura la tavola, un fiore?
    4) Utilizziamo tutti i nostri sensi per godere dei singoli ingredienti: la vista, il tatto, l'olfatto, il gusto ... anche l'udito (i rumori della cucina fanno tanto casa e calore!).
    5) Gustiamo ogni forchettata e ogni piccolo sorso di quel vino che, anche se da incompetenti, avremo scelto con amore e cura.
    6) Evitiamo il "due in uno"! Se mangiamo non telefoniamo, se telefoniamo non mangiamo.
    7)Non precipitiamoci ... il cinema, la lavastoviglie, l'ultimo ritocco al computer, ecc. aspettano

    Prendiamoci cura di noi stessi :)


    mercoledì 3 aprile 2013

    Terza età: chi sono gli anziani?

    ANZIANI IN FAMIGLIA E FAMIGLIA DI ANZIANI  

    2.2.1: ANZIANI CHI SONO
    Gli anziani rappresentano il 21%  della  popolazione  secondo una statistica del 94 e confermata negli anni successivi (fonte ISTAT). L’età di un individuo dipende da fattori biologici ma anche sociali e psicologici, ad esempio eventi di perdita o nel primo caso patologie, determinano un invecchiamento precoce. Quindi dato che l’età anagrafica spesso non coincide con l’età psicologica è difficile dare un definizione di anziano ma gerontologi e geriatri concordano nel definire una persona anziana colei della quale, in base ai fattori sopracitati si può supporre che abbia davanti a sé 10 anni di speranza di vita.
    Altre correnti di pensiero affermano che l’età senile inizi a 65 anni e si distingua in due fasi: la prima “anziana” ( dai 65 ai 75 anni ) la seconda “vecchia” ( dai 75 anni in poi ).
    Parte dei sociologi di oggi considerano la vecchiaia una “invenzione sociale”; il pensionamento comporta una perdita di potere e di prestigio e sena l’inizio dell’età anziana; chi non è più giovane rischia di diventare socialmente invisibile e di essere vittima di pregiudizi e stereotipi spesso infondati. La popolazione anziana è eterogenea e si divide in due fasi: la terza età in cui rientrano prevalentemente anziani autonomi, attivi e in buone condizioni di salute e inizia intorno ai 60-65 anni, si tende a dare di tale età un’immagine positiva, il demografo Peter Laslett la considera “il coronamento della vita”, perché le persone, libere ormai da impegni familiari e lavorativi, ma ancora vigoroso sul piano fisico, possono dedicarsi alla realizzazione personale. Segue la quarta età, che segna generalmente l’inizio del decadimento fisico: in essa rientrano i vecchi e i molto vecchi spesso in precario o cattivo stato di salute o addirittura in condizioni di dipendenza parziale o totale dagli altri (inizia intorno ai 75-80 anni).
    L’Italia, la Germania e il Giappone sono i Paesi dell’area occidentale a più intenso e rapido invecchiamento.


    ANZIANI A PIACENZA
    Nel territorio piacentino, confrontando statistiche dell’81 con quelle più aggiornate del 96 si nota un cambiamento della percentuale di popolazione rispetto alle fasce d’età. In particolare si rileva un aumento degli anziani, la situazione è la stessa sia nel capoluogo che nei Comuni della provincia in pianura e in collina. Nelle zone di montagna, invece, la situazione è leggermente differente perché la classe anziana è aumentata conseguentemente all’allungamento della vita  e alla usuale scarsità della classe giovane.
      
    2.2.2: DOVE VIVONO
    DISTRIBUZIONE TERRITORIALE
    In Italia notiamo una maggior percentuale di anziani al Centro - Nord rispetto al mezzogiorno. Dai dati ISTAT del 96 si rileva che la Campania è la regione con la popolazione più giovane, mentre Liguria ed Emilia Romagna con quella più vecchia. Si evidenziano differenze tra gli anziani che vivono nei grandi centri e quelli che abitano nei piccoli: per i primi c’è il vantaggio di una maggior offerta di servizi da parte del Comune e degli Enti, ma svantaggi per quanto riguarda le condizioni ambientali non adeguate o alle spese maggiori necessarie per vivere; i secondi invece possono usufruire di minori servizi ma godono di una maggior tranquillità e di migliori condizioni ambientali. In base ai dati del censimento del 91 gli anziani ultra sessantacinquenni sono il 15% della popolazione, ma la loro quota varia da zona a zona: il maggior invecchiamento si ha nel centro e nel nord. E’ in aumento il numero degli ultra sessantacinquenni che vivono soli, sono più numerosi in Piemonte, Valle d’Aosta, Liguria e Lombardia, ma anche in alcune zone del sud. Queste differenze probabilmente si spiegano col fatto che nelle regioni del sud l’emigrazione ha allontanato i figli dai genitori, rimasti soli, mentre in quelle del centro la famiglia estesa, in cui convivono tre generazioni è più diffusa che altrove. Ampie differenze si ritrovano anche nelle grandi città, fra centri storici (più vecchi) e periferie (più giovani).
     LA REALTA’ NEL PIACENTINO
    Il numero egli anziani che vivono da soli aumenta col crescere dell’età, di conseguenza quelli che vivono in famiglia diminuiscono. Infatti dagli 80 anni in avanti un anziano su due non vive più con la famiglia, ma da solo o in istituto. Nel capoluogo il numero maggiore di anziani vive nelle circoscrizioni 1 e 3, infatti nel centro storico si trova il maggior numero di anziani che vivono da soli. Nella 2 e 4, anche se con tipologie familiari simili, il numero di anziani è inferiore.
    Circoscrizione cittadina 1  v. Taverna
    “                “        2  v. Trebbia
    “                “        3  v. M. della Resistenza
    “                “        4  Centro Civico Farnesiana

    ANZIANI IN FAMIGLIA E FAMIGLIE DI ANZIANI
    Il benessere degli anziani è legato al contesto familiare, poiché la famiglia rappresenta il contesto entro il quale essi possono continuare ad esercitare un ruolo attivo, ricevendo sostegno, aiuto ed assistenza. E’ in famiglia che l’anziano passa la maggior parte delle giornate, visto il ridursi della mobilità in relazione all’aumentare dell’età. Gli uomini preferiscono vivere in coppia, mentre le donne, se non hanno qualche figlio che si ferma nella famiglia d’origine, vivono sole, per poi entrare a far parte, in alcuni casi, della famiglia del figlio. All’aumentare dell’età, per effetto della vedovanza, aumenta il numero di coloro che si trovano sole, mentre diminuisce il numero di coloro che vivono in coppia. Ciò è particolarmente evidente per la donna che ha statisticamente sette anni di speranza di vita in più rispetto all’uomo e del quale è generalmente più giovane. Con l’età cresce anche la quota dei membri aggregati, ovvero le persone che vivono insieme a una o più nuclei familiari, senza farne parte (anziano nella famiglia del figlio). L’aumento è evidente per gli ultra settantacinquenni, quando diminuisce l’autosufficienza. Poco più di un terzo delle donne fino a 74 anni vive ancora la fase del “nido vuoto”, cioè l’uscita dei figli dalla famiglia, mentre, a partire dai 75 anni, quasi la metà vive sola. Diversamente, gli uomini fino ai 64 anni vivono con moglie e figli, dai 65 ai 74 in coppia senza figli e vi permangono anche dopo i 75, è chiaro quindi che per gli uomini è meno probabile vivere una fase della vita da soli. La funzione parentale nell’età anziana si inverte: i genitori devono sopportare di dipendere dai propri figli e i figli di età matura di farsi carico dei genitori che perdono sempre più rapidamente la propria autonomia. Questa è una situazione che nella realtà coglie di sorpresa tutte le famiglie, infatti nessuno sa quando e come si instaurerà il rapporto di dipendenza. L’invecchiamento generale della popolazione rende sempre più frequente questo stato di dipendenza relativo o totale. I figli maschi riescono ad organizzarsi meglio e a trovare aiuti complementari, mentre le figlie si colpevolizzano e si preoccupano maggiormente di assistere personalmente i genitori e in particolare la madre: fra madre e figlia la dipendenza affettiva rafforza le richieste materiali. I genitori cominciano a invecchiare quando cessano di essere una risorsa per le difficoltà dei figli; questo stato di dipendenza è irreversibile: diviene ogni giorno più forte e implica crisi sorde o manifeste. L’età a cui un anziano perde la propria autonomia varia da una persona all’altra: la memoria si affievolisce, i problemi finanziari e amministrativi diventano più complessi, la mobilità rallenta, gli interessi diminuiscono. Questa perdita dei mezzi che consentivano una vita adulta e responsabile è accompagnata da paura, angoscia e da una richiesta affettiva profonda in cui si associano il desiderio di rimanere padroni in casa propria e l’esigenza quasi infantile di presenza e di protezione. La crisi, che può essere il prodotto di un graduale processo o improvvisa accompagnata o meno da cambiamenti sia nell’anziano che nei figli, si manifesta sempre come una frattura e costringe la famiglia a riorganizzarsi. Lo stesso tipo di evoluzione  imprevedibile che si nota nel periodo dell’adolescenza dei figli si riscontra anche nei periodi di invecchiamento rapido e rende inevitabile una modificazione dell’organizzazione familiare. L’unità familiare è quindi vissuta nella lotta, nella lacerazione, nel senso di incomprensione reciproca; il motto potrebbe essere:“ l’unione è una lotta”. Le famiglie di quattro o cinque generazioni hanno la fortuna di vivere rapporti fruttuosi tra le generazioni; condividono esperienze, affetto e sviluppano un’identità familiare forte e stabile. Il gruppo familiare è considerato una risorsa in grado di controbilanciare l’aumento delle spese sanitarie e la gestione delle malattie croniche. Oltre a un milione di famiglie hanno un anziano bisognoso di una precisa assistenza per le attività della vita corrente; cinque milioni di persone si occupano in permanenza di un genitore anziano. In una famiglia c’è generalmente una persona che si incarica dell’assistenza, aiutata o meno da altre. Un paziente è per lo più assistito dalla moglie, mentre una paziente è curata dalla figlia o dalla nuora. Le donne continuano a imporsi questo ruolo di assistenza nella propria famiglia, un gran numero di loro deve riuscire a integrare il proprio lavoro con questo impegno supplementare. Per l’assistenza che esige la malattia cronica crea un legame fortissimo tra il paziente e la persona che se ne occupa. Il terapeuta deve essere consapevole di questa possibilità di rapporto e del suo impatto sugli altri componenti della famiglia. Bisogna esaminare l’organizzazione familiare per capire se sono necessari dei cambiamenti che permetteranno di aumentare elasticità familiare per evitare la restrizione dei ruoli o semplificare i compiti. Si devono analizzare le aspettative dei membri della famiglia, perché certe donne hanno bisogno di modificare la propria visione della responsabilità: ampliare tale visione consentirà di includere altre persone nella gestione dell’assistenza.
     BISOGNI DELL’ANZIANO E DELLA SUA FAMIGLIA A PIACENZA
    Secondo un’analisi svolta sul territorio piacentino, si è rilevato che i bisogni principali degli anziani e dei caregivers sono riconducibili a diversi filoni, ad esempio sostegni economici per coprire le spese. In secondo luogo è presente il bisogno relativo all’assistenza; altrettanto frequenti sono le risposte relative al bisogno di compagnia, dialogo, amicizia, rispetto. Anche i caregivers denunciano carenze nell’aspetto assistenziale, nel senso del sostegno di strutture pubbliche, in particolare nei casi di emergenza; sottolineano inoltre il bisogno di compagnia, alcuni ricordano la necessità di aiuto materiali, anche per l’acquisto di medicinali. Di conseguenza i caregivers hanno la necessità di avere più libertà, avere alcune ore libere o momenti per riposarsi, poiché l’assistenza è pesante, sia a livello fisico che psicologico, ciò è supportato dal livello di stress medio - alto riscontrato nei caregivers. Gli anziani ritengono di essere utili alla loro famiglia, alle persone che sono loro vicine e alla società “aiutando gli altri, dando consigli, ascoltando, assistendo altre persone e facendo compagnia, nella cura dei bambini”; infine è stato osservato che gli anziani possono essere utili “finché stanno bene”. Una buona parte del campione svolge qualche piccola attività di aiuto o gestione del proprio quotidiano, ad esempio piccoli lavori domestici e di cucina, soltanto una minoranza svolge attività di volontariato. Gli anziani nominano tra le persone che gli aiutano per le loro necessità in primo luogo le figure familiari, quindi i figli conviventi e non, poi i nipoti, parenti e il coniuge; solo una piccola parte cita anche l’assistente domiciliare e un aiuto a pagamento.

     VALORIZZAZIONE DELLA CASA E DELLA FAMIGLIA
    Con il tempo un anziano accumula sentimenti, sclerotizza i rapporti, cristallizza le abitudini e non riesce più a gestire positivamente il rapporto con la famiglia, che dà le regole di un legame non più alla pari. Non bisogna colpevolizzare le famiglie che sopportano il peso, in particolare di un anziano non autosufficiente, che dovrebbe essere più sostenuta dai servizi  pubblici. Si richiede, quindi, un concreto impegno di solidarietà, che dovrebbe iniziare all’interno della famiglia stessa: essa si qualifica come comunità di lavoro e di solidarietà. Può accadere in molti casi che quando la famiglia decide di affrontare il problema, si può trovare priva dell’appoggio necessario da parte dei Servizi ed Enti pubblici. Sia i familiari rimasti vicino all’anziano, che quelli scomparsi o lontani sono presenti nella sua vita e la influenzano in modo profondo.

     FAVORIRE LA FAMIGLIA, I CENTRI DIURNI E LE PICCOLE RESIDENZE
    La famiglia deve essere intesa come ambito affettivo relazionale e non ridotta ai soli rapporti giuridici tra parenti. In questo periodo sono di grande rilievo anche le esperienze di convivenza, che ricostruiscono anche il rapporto familiare anche tra persone anziane e giovani che non si erano conosciute prima: questa famiglia è ricca di relazioni affettive dotate di senso. La scelta di proporre soluzioni di sostegno o di sostituzione alla famiglia nell’assistenza, per esempio centri diurni e piccole case alloggio, cerca di salvaguardare i desideri e i bisogni della famiglia. Il rifiuto di un ricovero in istituto nasce spesso dalla convinzione che sia impossibile aver cura dell’anziano in un ambiente inadatto, infatti questa scelta tende a custodire più che a curare. In qualsiasi soluzione la famiglia intera deve essere coinvolta; è sempre più frequente il caso di figli che scelgono di partecipare alla cura e all’assistenza dei genitori, si realizzano nuove esperienze di famiglie composte da persone giovani e anziane che condividono la loro casa. Sono comunque da incoraggiare tutte le forme di sostegno alle famiglie che scelgono di occuparsi direttamente dell’anziano in difficoltà.

     RISCHI DELL’ISTITUTO
    Qualche tempo fa assicurare all’anziano un futuro in istituto era considerato atto di solidarietà, mentre oggi per molti non è così: l’istituto riduce, anziché allargare, le speranze di vita. Si deve far di tutto per curare a casa, infatti si è notato che all’interno degli istituti è presente il fenomeno di morti premature; soprattutto quando il trasferimento è attuato senza la volontà e la consapevolezza dell’anziano, gli esiti possono essere molto pesanti. Il cambiamento di domicilio si accompagna all’abbandono definitivo della propria casa: ciò comporta la rottura di legami affettivamente significativi. Cambiare la residenza contro la propria volontà rappresenta un rischio di primaria importanza per la salute dell’anziano.
     FAMIGLIE DI ANZIANI
    Il processo di invecchiamento ha prodotto un incremento delle famiglie composte d soli anziani, ciò determina la cosi detta segregazione generazionale, ovvero la tendenza a chiudersi in sé stessi e/o a limitare a limitare i contatti con persone di altre generazioni. L’incidenza delle famiglie uni personali  è via via più alta al  crescere dell’età anziana. Le famiglie di anziani sono più presenti nell’Italia Nord - Occidentale e meno nelle isole. Nelle famiglie senza anziani dominano le coppie con figli, nelle famiglie anziane predominano gli anziani soli.
     ANZIANO DA SOLO
    Secondo i dati ISTAT del 94 gli ultra sessantacinquenni soli sono in complesso circa 2.500.000, gli uomini sono intorno al mezzo milione, le donne circa 2.000.000. Gran parte degli uomini di 60 anni e oltre vive insieme alla moglie la fase conclusiva della propria vita; la quota di coloro che vivono soli  cresce progressivamente con l’età. Per le donne la condizione di solitudine è più precoce e più diffusa; sia per gli uomini che per le donne, ma in misura molto maggiore per queste ultime, l’approssimarsi della quarta età coincide con il periodo della vita in cui è più probabile vivere da soli. Quando l’autonomia si riduce o vien meno, aumenta per gli uni e per le altre la probabilità di andare a vivere con la famiglia dei figli. Gli squilibri nella durata della vita tra uomini e donne espongono queste ultime a vivere più frequentemente esperienze dolorose e difficili, quali il lutto e la solitudine nella fase finale della vita. Tuttavia anche a tarda età la propensione per una vita indipendente è ancora forte: gli anziani soli hanno uno stato di salute migliore e in grado di autonomia superiore rispetto a quelli che vivono con i figli o con altri parenti. Questo significa che solo quando si verifica un serio deterioramento delle condizioni fisiche e psichiche la vita da soli viene sostituita dalla convivenza con altri familiari. La crescente propensione degli anziani a vivere soli si spiega in parte con il miglioramento del tenore di vita connesso alo sviluppo delle politiche di sicurezza sociale, ma anche con un cambiamento culturale che incoraggia l’indipendenza e la conservazione della privacy degli anziani. E’ stata sottolineata la centralità delle relazioni familiari nella vita degli anziani: con l’avanzare degli anni un numero sempre più elevato di persone sole risiede vicino ai figli o nello stesso caseggiato. Più vicino abitano figli, parenti e amici, più frequenti sono le loro visite. Gli anziani soli ricevono aiuti in misura maggiore rispetto agli anziani che convivono con altri. Vi è però una reciprocità dello scambio tra le generazioni: fino alla soglia della quarta età, aiuti dati e ricevuti si bilanciano; poi, con l’avanzare dell’età, naturalmente quelli ricevuti prevalgono su quelli dati. L’aiuto e il sostegno dei familiari sono probabilmente, per molti anziani, nella quarta età, una condizione necessaria per poter continuare a vivere da soli. Secondo un’indagine del 93, tra i Paesi della CEE, l’Italia è quello in cui gli anziani soli hanno rapporti più frequenti con i familiari: il 71% di essi ha contatti quotidiani. La solidarietà familiare, materiale e non, è molto più sviluppata in Italia e negli altri Paesi mediterranei. Questa situazione presenta per gli anziani vantaggi e limiti: una presumibile maggior dose di calore umano e di affettività nelle relazioni sociali e di sostegno, che copre però serie carenze degli interventi pubblici, con il risultato che, quando la solidarietà familiare viene meno o non è in grado di far fronte a gravi bisogni, il rischio di povertà diventa concreto per un certo numero di anziani, ma in particolare di donne anziane sole. La solidarietà familiare è palesemente inadeguata nel far fronte alla condizione di povertà, così come in quella di grave dipendenza fisica nell’età più avanzata, che richiedono un intervento di sostegno da parte della collettività. Nel campo delle politiche sociali una prospettiva più recente tende a promuovere l’inserimento sociale degli anziani e a considerarli come una risorsa economica e sociale. Si osserva che i tipi di intervento finora attuati n molti Paesi europei hanno di fatto ampliato i problemi della terza e quarta età, contribuendo a farle diventare fasi di dipendenza, di cui la società deve farsi carico, pagando costi o oneri. A tale scopo si propongono interventi finalizzati sia al protrarsi della vita lavorativa, sia allo svolgimento di attività socialmente utili dopo la pensione, che avrebbero come effetto un prolungamento complessivo dell’autosufficienza personale , con relativa riduzione di costi sociali. L’interruzione brusca del lavoro provocata dal pensionamento ha effetti meno negativi sia sulle donne che sugli uomini. Nell’età anziana emergono per le donne dei vantaggi in campo affettivo: il  loro maggiore orientamento ala famiglia le mette in grado più degli uomini di mantenere e rinsaldare la rete dei rapporti familiari e dei legami della solidarietà inter - generazionale. Di fronte alle carenze dei servizi per l’infanzia, ad esempio, le donne anziane, spesso autosufficienti autonome, svolgono un ruolo di fondamentale importanza nella cura dei nipoti e nel sostegno dell’attività lavorativa dei loro figli.


    fonte: http://www.larapedia.com/

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