mercoledì 6 novembre 2013

La solitudine di figli e anziani

La solitudine di anziani e familiari 

 «Il gran problema dei suoi genitori es la soleità». Così la badante ha sintetizzato, nella categoria della solitudine, il tratto più paradossale e inatteso degli anziani in questa società massificata.
Ma alla solitudine dell’anziano si accompagna la “soleità” di noi figli: smarriti nella scoperta improvvisa di doverci occupare di genitori non più autonomi. E tutto ciò proprio in una età in cui incominciano i primi acciacchi e, al tempo stesso, maturano le esperienze professionali che divorano tempo ed energie.
Ho accompagnato mia madre al pronto soccorso e ho ricevuto i rimbrotti di un medico trentenne, perché «non si possono lasciare da soli a questa età». Il panico mi ha preso allo stomaco e si mescola al senso di colpa: “Forse dovrei seguirli più da vicino?”. Poi sorgono i dubbi: “Ma non posso fare a meno di lavorare!”, e “Ho già i miei problemi, non ho abbastanza energie per farmi carico di altre vite”. Ma i dubbi sono anche più seri: “Seppure volessi curarmi di loro, non ne sarei capace”. E ancora: “Non ho mai avuto con i miei genitori l’intimità o il distacco necessari per accudirli!
Gli anziani spesso costruiscono attorno alla loro vecchiaia una fortezza invalicabile. Nemmeno quando la loro capacità di scegliere, di decidere, di valutare è venuta meno, si ha facilmente accesso al loro mondo. Si ricorre allora al/alla badante, perché il lavoro, lo slittamento continuo del termine per il pensionamento, l’atomizzazione della famiglia, l’incapacità, non permettono altra scelta. La badante, introdotta talvolta sotto falso ruolo nella vita degli anziani (donna delle pulizie, stiratrice, ecc.), sta con loro più di quanto noi figli siamo riusciti a stare in tanti anni.
E succede che…la badante conosce la casa, previene le esigenze e i miei genitori, che non hanno mai ceduto a nessuno il controllo delle proprie vite, accettano il suo intervento sui vestiti, sul cibo, sulle medicine.


La relazione tra i miei genitori e la badante è diventata di tiepida fiducia. Lei lavora tantissimo: interpreta diversi ruoli, argina il disagio, si inventa soluzioni.
Noi figli ci occupiamo dei genitori solo a distanza. Telefoniamo, prendiamo appuntamenti con i medici, ritiriamo certificati.
Mentre svolgiamo queste incombenze, capita di incontrare altri figli che fanno le stesse cose. Ma non parliamo, non scambiamo idee. Non esiste un “Comitato-figli-anziani-di-genitori-anziani”, un’associazione che si potrebbe chiamare “Pane e latte”, come quando i bambini erano piccoli – tanto il cibo non è poi così diverso.
Comincio a vedere come in uno specchio la mia “soleità” futura e mi chiedo: “Ci saranno ancora risorse per gli anziani? Il sistema che garantisce ai nostri genitori servizi e sussidi si sta sgretolando. Lavoreremo di più, ci cureremo di meno?” E se riscoprissimo per tempo la condivisione dei problemi e delle risorse? È proprio necessario che ognuno viva in solitudine nel suo piccolo appartamento, con la propria badante, il suo bagno male attrezzato, le barriere architettoniche che rendono una passeggiata nel cortile più complicata di una spedizione in alta montagna?




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